domenica 27 dicembre 2009

Silver Surfing > Haight Ashbury


"La gente ha una fervida immaginazione e passando di bocca in bocca i fatti diventano leggende, fino a far diventare credibile l'incredibile. So cosa si dice di me: mi chiamano il Silver Surfer e qualcuno è convinto che io venga da un altro pianeta. Beh, quando passeggio lungo le strade di San Francisco anche a me, di tanto in tanto, viene ormai da pensare di venire da un altro pianeta… non ricordo quando cominciarono a chiamarmi il surfer d’argento, deve essere per qualche cosa che combinai sulle spiagge giù a Monterey o a Santa Barbara, ma non ricordo: raramente eravamo sobri, e all’epoca giravano un sacco di allucinogeni, non se ne coglieva il pericolo e pensavamo invece che ci aiutassero a vedere oltre. Outside e inside…
Uno che l’aveva presa pesante con l’acido era DareDevil, ma si può capirlo. Era cieco come una talpa e solo con l’LSD vedeva il mondo a colori. E poi c’era questo tipo, Dr. Strange, non ne era mai a corto ed il denaro non sembrava essere un problema.
C’erano anche brutti ceffi, magari sotto sotto non cattivi ma che erano entrati troppo nel ruolo. Per esempio, Hulk, un gigante in giacca di pelle con stampato Hell’s Angels sulla schiena; in giro sul suo chopper pensava dovesse mostrarsi cattivo per forza, almeno fino ad Altamont… Se uno come Hulk si imbatteva in quello svedese, quello biondo con gli occhi azzurri, Thor, erano risse... Comunque quando Hulk incontrò la sua metà (She Hulk la chiamammo) dovette vendere la Harley e non ebbe mai più il permesso di comperarne una.
Parlandone mi vengono alla mente tutti gli altri. L’uomo ragno, sempre senza un cent, non c’era modo di liberartene. Qualcuno gli inventò il soprannome perché quando lo incontravi eri come una mosca che cadeva nella tela.
Wonder Woman, chi non le è riconoscente? La donna più generosa del mondo, te ne faceva vedere di meraviglie. Credo sia stata lei a fare da nave scuola alla metà di noi, e non te ne faceva un problema se eri al verde. Il problema era non innamorarsene.
E quell’altro, il piedi piatti, sempre pronto a rompere i coglioni, Dr. Destino lo chiamavamo, perché era destino trovarselo di traverso quando meno ne avevi bisogno. Chissa che fine ha fatto e se ora è solo un innocuo pensionato con il problema di tirar sera".

il post integrale si può leggere sull’improbabile blog di Silver Surfer, sottotitolo "rock for a better world".

domenica 20 dicembre 2009

Red River Shore > Santa Claus Is Coming To Town


"Sting dice che odia il Natale. Ma lui è uno con le palle. Lui è un figo, in tutti i sensi, fisico in forma straordinaria nonostante i quasi 60 anni, lui è uno che fa sesso tantrico, sai lui riesce a fare sesso anche per sette ore consecutive. E' uno di quelli che non sbagliano mai niente nella vita, a cui va tutto bene. Fa un disco bellissimo dedicato all'inverno perché il Natale, lui lo odia. Senza canzoni di Natale ovviamente.
Noi, invece, che siamo degli sfigati, che ci vanno storte tre cose su due, che a 47 anni ne dimostriamo più di 60, che il sesso... be', era divertente, se ci ricordiamo bene, noi stiamo dalla parte del vecchio bastardo, e se disco di Natale deve essere, che sia un cazzuto disco di Natale vero e proprio. Lui, ebreo, ateo, cristiano rinato e poi morto e risorto mille volte, 70 anni alla soglia, uno che la storia del rock l'ha fatta sul serio, mica mandava messaggi in bottiglia a Roxanne, rischiando la pelle, mica facendo il sesso tantrico, uno che ha amato e odiato davvero, uno che sa che non c'è successo come il fallimento e che il fallimento non è un successo per niente. Che sa che quando hai perso tutto, hai solo da perdere ancora qualcos'altro.

Ecco perché Bob Dylan fa un bellissimo disco di Natale. E non si vergogna. Neanche di cantare in latino (dopo aver cantato in spagnolo e in italiano) durante Adeste fidelis". continua qui

dal Red River Shore di Paolo Vites

domenica 13 dicembre 2009

Motociclette > verso il Faiallo con un commercialista


"Un sabato mattina non tanto di buon ora, ci siamo io (Guzzi Stelvio), Alberto (coriaceo motociclista piemontese in sella alla sua bellissima BMW R100 GS) e il Commercialista (KTM Adventure S rialzata a cui si accede con scaletta Alitalia). Alla partenza si fa benzina, ma non prendiamo il caffè. Un piccolo allarme si accende nel retro della mia testa, ma penso: "ok, è più divertente fermarsi dopo essersi riscaldati". continua qui

Motociclette: "il blog di moto scritto da e per il “resto di noi”, il motociclista comune. Con più passione che con cognizione di causa. Il motociclista romantico, quello che preferisce guardarsi attorno piuttosto che tenere gli occhi incollati alla strada, e che si emoziona più per il rombo di un motore che per la velocità o la potenza. Il motociclista turista, alla ricerca di itinerari fuori dal caos".

domenica 6 dicembre 2009

fatico a capire > intelligenza artificiale


Ieri sera il bancomat mi fa: "Tra 2 giorni è il suo compleanno, Auguri!", al che all'inizio mi ha fatto piacere che qualcuno si ricordasse, mi sono guardato un pò attorno ma c'era altra gente che aspettava il suo turno, ho pensato fosse meglio sbrigarsi, poi però ci ho ripensato e di botto ho detto "Ah però non si fanno gli auguri prima!". A questo punto il bancomat, in evidente difficoltà, forse anche non si aspettava questo contrattacco, per togliersi d'impaccio, "Saldo o prelievo?"

fatico a capire, cronaca quotidiana sottilmente surreale da Federico, ingegnere. Un po' Marcovaldo.

domenica 29 novembre 2009

Blackblog > un movimento veloce


Jack Kerouac scrive "Big Sur" dopo il successo di "On the Road".
 Fama, celebrità e la sua testa che risuona come una campana vuota,
Si prende un passaggio sulla Highway numero uno, fino al Bixby Canyon, dove c'è un ponte che sembra una ragnatela distesa su un burrone. In fondo al canyon gorgoglia un ruscello che scatarra come un vecchio.
 E' da quelle parti, in una capanna che apparteneva al suo amico Lawrence Ferlinghetti, che il cosiddetto "re dei beats" se ne va a scrivere, nel 1962, il suo nuovo libro.
Big Sur: una cronaca straziante di alcolismo e di insicurezza che vede Kerouac sostituire il suo alter ego Sal Paradise con Jack Duluoz.
 Oggi, per commemorare il quarantesimo anniversario della sua morte, esce un documentatio di 98 minuti su Big Sur. La colonna sonora affidata ad un improbabile collaborazione fra Jay Farrar (Uncle Tupelo, Son Volt) e Ben Gibbard, promana una magia senza pari. Diretto da Curt Worden, il documentario è un collage di brani letti dal "The Sopranos" John Ventimiglia, le immagini raccontano la costa di Big Sur (nebbia che si disperde verso verso il cielo evaporando in nuvole color caffé, onde che creano un anello di schiuma bianca sul litorale) e una parata di teste parlanti: alcune essenziali, altre meno. 
Il titolo: One Fast Move or I'm Gone: Kerouac's Big Sur.
 In più, il documentario riesce a catturare informazioni rilevanti su Kerouac mettendo in scena amici e colleghi, tra cui il jazzista David Amram, il poeta beat Michael McClure e Carolyn Cassady, la moglie del più caro amico di Kerouac, Neal Cassady.
E mentre alcuni dei collaboratori conferiscono maggiore autorevolezza al progetto, rispetto ad altri, c'è una manciata di scene che riesce veramente ad illuminare il libro di Big Sur e lo stato di Kerouac in quel periodo.
 Subito, Tom Waits vomita una gemma, asserendo che "Big Sur mi ha sempre ricordato la cronaca di un uomo che veniva mangiato dalle formiche". Gli fa eco Robert Hunter, ex paroliere dei Grateful Dead, che afferma che il romanzo del 1962 "è un brutto, brutto libro di luoghi brutti della mente, dei luoghi sordidi della psiche." continua qui

da blackblog di francosenia, Firenze, Italy

domenica 22 novembre 2009

TLÖN, UQBAR, ORBIS TERTIUS > Città


Aspettando, furono condotti a vedere la città, gli edifici pubblici alti fino alle nuvole, i mercati adorni di mille colonne, le fontane d’acqua pura, le fontane d’acqua di rose, di liquor di canna da zucchero, che tutte sgorgavano su grandi piazze pavimentate con una specie di gemma, la quale spandeva un odore simile a quello del garofano e della cannella. Candido chiese di vedere la corte di giustizia, il parlamento: gli fu detto di non essercene, e che non si leticava mai. S’informò se vi fossero delle prigioni, e gli fu detto di no. Soprattutto lo sorprese e gli fece piacere il palazzo delle scienze, dove vide una galleria di duemila passi tutta piena d’istrumenti fisici e matematici.
Voltaire, Francois Marie Arouet “Candido ovvero l’ottimismo” 1759

TLÖN, UQBAR, ORBIS TERTIUS è l'affascinante blog di un architetto che riporta immagine di città ideali, città del passato, fantascientifiche città del futuro come pure brani di letteratura che descrivono città immaginarie...

domenica 15 novembre 2009

Nickname > la sindrome del musicofilo


…il musicofilo, definito dal Robbins come “Colui che non si accontenta di Ascoltare, ma deve anche Avere”, è affetto da alcune patologie ben definite, così catalogate:

Sindrome del Domopak (o Morbo di Hatù)

È la malattia causata al musicofilo dalla plastica che copre tutti i CD nuovi del globo, che è stata inventata apposta per essere a prova di bomba e prendersi gioco di lui. È durissima, non si spacca con le unghie, sui lati ha delle linguette che se le apri vengono via le linguette ma la confezione resta intatta. Alcune hanno il filetto rosso da tirare tipo pacchetto di sigarette, viene via con facilità tutta una bella strisciolina che divide in due la plastica, ma continua ad essere impossibile togliere tutto il resto. Alla fine esasperati si usa un coltello da cucina dalla cui pratica si fa risalire l’invenzione dei “forati” venduti come Nice Price).

Sindrome del Cartonato (o Primo Morbo di Pearl Springsteen)

I progressi della medicina avevano risolto brillantemente l’annoso problema delle copertine di cartone dei vinili, anti-ecologici e facilmente usurabili, sostituendoli con i box in plastica dei CD, anti-ecologici e facilmente frantumabili.
Ma come al solito i giapponesi hanno voluto dire la loro e hanno inventato le serie Japan Paper Sleeve, perfette riproduzioni bonsai delle confezioni in vinile con track-list e credits facilmente leggibili solo con un telescopio nucleare o con lente d’ingrandimento rinforzata, giusto il necessario per rendervi conto che state tentando di leggere il lato scritto in giapponese. I medici occidentali hanno riso di questa strana usanza, dichiarando l’impossibilità che il morbo potesse arrivare in Occidente. Ma a questo punto i Pearl Jam nel 1994 pubblicano Vitalogy, con una copertina di cartone a libretto completamente fuori misura standard che manda a puttane anni di progetti dei mobilieri e falegnami fai da te, con conseguente piccolo meno in bilancio per l’IKEA e piccolo più per la Leroy Merlin.

La sindrome da ghost track (o Morbo del comecazzosintitola?)

La track list indica dieci canzoni, ma il CD magicamente ve ne fa venir fuori un’undicesima e voi godete felici dell’inatteso regalo. Ma sul libretto di quella canzone non c’è traccia, non c’è titolo, non c’è il testo, potrebbe essere una cover di un brano misconosciuto del 1937 o un brano nuovo di zecca. Il morbo subentra virulento quando vi rendete conto che il brano è il migliore del disco, e le crisi di isteria aumentano quando vi ritrovare al concerto a urlare “Dai, fammi l’ultima! ma non l’ultima del CD, la 10… cioè, intendo la 11, quella che non c’è… cioè… quella che… a proposito… come si chiama? Sì fammi quella… hai capito no?….quella che parla di quella ragazza che… e poi…. non ho capito bene cosa succede dopo perché non c’è il testo e …appunto… cosa cazzo dici alla quarta strofa?”

La sindrome da Bonus Track.(o Morbo dell’Allocco)

Morbo pesantissimo e indebellabile, la “bonus track” nasce con l’avvento del CD, come carota per gli asini inventata dall’industria discografica per convincere tutti ad abbandonare il vinile. Compri il vinile? Hai 10 canzoni. Compri il CD? Ne hai 11.
L’undicesima era quasi sempre una schifezza… ma averla era importante. Era come essere ammessi ad un club esclusivo, una sorta di tessera VIP. Poi però l’industria è cambiata e quello che era un morbo tipico delle classi più abbienti si è trasformato in una piaga sociale. La tragedia è nata intorno a metà anni 90 quando ormai tutti si erano ricomprati tutte le prime ristampe in CD dei classici e le case discografiche s’inventarono le bonus tracks per invogliare a riacquistare nuovamente lo stesso titolo.
Questo fu più o meno l’iter:
- ristampa con 3 bonus tracks prese tra outtakes e b-sides, spesso perle nascoste o interessanti brani misconosciuti, oppure singoli altrimenti non ritrovabili su CD. Qui la comunità scientifica lanciò un plauso all’operazione
- nuova ristampa con gli stessi tre brani, ma con diabolico inserimento delle “alternate takes”, vale a dire 18 versioni dello stesso brano che si differenziano per uno starnuto al minuto 2 invece che al minuto 3 o perché venne provato un assolo di cornamusa poi tolto dal missaggio finale. Qui la comunità scientifica cominciò a storcere il naso…
- ulteriore nuova ristampa con versione STEREO e versione MONO dello stesso disco. Il Dottor House per provare gli effetti devastanti che questo provoca, ha ascoltato uno di questi CD in macchina, dove la sindrome diventa virulenta quando ci si rende conto che non vi è differenza alcuna, se non che nella prima versione il chitarrista ti sorpassa sulla destra assieme ad un TIR sloveno, nella seconda invece te lo senti lampeggiare dietro come quel Porsche che da mezz’ora ti fa notare che ti devi togliere dalle palle, che lui del Tutor se ne frega, tanto è amico del Tenente dei Carabinieri.

Sindrome da Deluxe Edition (o Morbo di Springsteen)

Oltre la bonus track c’è la Deluxe Edition, l’Anniversary Edition, fino alle forme più virulente del morbo causate dal Cofanetto/Box. Raschiato il fondo del barile delle tracce aggiunte le case discografiche s’inventano edizioni fighette con in regalo un CD aggiunto con concerti che il bootleggaro sotto casa vi aveva passato già da 18 anni (e pure registrati decisamente meglio) oppure DVD con il vostro beniamino che racconta la rava e la fava di quello che ha pensato mentre registrava (si calcola con sommaria precisione che un musicofilo visioni tali DVD 0,56 volte nella sua vita).
A questo delirio di spese inutili è subentrato il Morbo di Springsteen che fa si che i musicofili a lui dediti abbiano visto “cose che voi umani…” come CD usciti in versioni con brani in più a distanza di pochi mesi, orrendi Greatest Hits resi comunque irrinunciabili per via degli inediti, mega cofanetti di inediti da cui… oops… se ne erano dimenticati 3 (ah che sbadati questi discografici!), guarda caso recuperati in un CD riassuntivo da comprare a parte (e non è che i tre brani sono porcate come Part Man Part Monkey o Happy, no, si erano dimenticati The Promise, il grimaldello per capire tutta la poetica springsteeniana).

Vecchie Sindromi debellate :

Sindrome del TOK! (o Morbo Vintage)

Causa la crisi di nervi del musicofilo che scopre che il suo vinile preferito salta, o semplicemente presenta un “TOK” continuo. Non serve pulire bene il vinile: il granello che causa il TOK è sempre invisibile e annidato tra i solchi. Il male fu debellato nel 1990 con la fine del vinili e l’avvento del CD, che evita il TOK e salta più allegramente dal minuto 2.15 al minuto 3.47 in caso di polvere. Oggi però esistono ancora musicofili portatori sani che ancora si ostinano a comprare vinili e ancora asseriscono che si sentano meglio dei CD. I medici hanno effettivamente confermato: il TOK! si sente decisamente meglio con il vinile.

Sindrome del Buco (o Morbo del REC)

Questo morbo è definitivamente scomparso. Colpiva i possessori di musicassette che inavvertitamente schiacciavano il tasto REC al posto del tasto PLAY del mangianastri, lasciando un buco di silenzio di 1 secondo proprio a metà della loro canzone preferita. Per identificare gli affetti bastava notare quali musicofili passassero le giornate a togliere le linguette dalla cassette per impedire la sovra registrazione.

Nuove Sindromi:

Sindrome del Download (o Morbo dello scarico otturato)

In principio fu Napster, poi venne il Mulo, oggi se non avete un blog dove far scaricare CD siete dei disadattati. Questa nuova sindrome ha colto i musicofili dotati di un computer e una rete. Bastano un paio di click per poter avere l’intera discografia di tutti gli artisti di cui non ve n’è mai fregato una cippa di nulla. Secondo uno studio del Professor Bittan, un giovane di 24 anni ha mediamente sul suo hard-disk ascolti sufficienti a sentir sempre nuova musica fino ai 127 anni, a patto di non smettere la notte s’intende. E’ stato anche sperimentato che se chiedete a questi individui di canticchiare l’ultima canzone che ricordano o che hanno ascoltato, riescono al massimo a ricordare un paio di battute del Ballo del Qua Qua, unico brano ascoltato ben tre volte ai tempi dell’asilo. [edit]


dall'autobiografia di Nicola Gervasini, giornalista rock e curatore del blog Nickname

domenica 8 novembre 2009

Sotto il cielo di Pontremoli > l'isola che non c'è


Nell’Isola che non c’è si può consumare l’aperitivo direttamente seduti sul sedile della propria auto. E con un' inversione e una retro, dalla stessa postazione si può gustare il gelato più buono della piazza o assistere a dibattiti con intellettuali e Vip (con l’unico problema che i pedoni che preferiscono il tavolino al cruscotto obbligano le auto a stare nelle retrovie) o anche entrare in Duomo per una preghiera.
I negozi dell’Isola che non c’è mostrano il logo Centro Commerciale Naturale, dimentichi o forse ignari che nei centri commerciali “artificiali” i pedoni non devono schiacciarsi contro i muri per non essere investiti, e le macchine non passano a 20 centimetri dalle vetrine.
Gli operatori commerciali dell’Isola che non c’è che sostengono che le loro attività vivono solo con il transito delle automobili. E quelli che lo dicono con più insistenza, li trovi in ferie quindici giorni ogni tre mesi o chiudono ad ogni pausa pranzo e dopocena. Buon segno: significa che gli affari non vanno così male come vogliono fare credere. L’isola che non c’è non richiede controlli e manutenzioni, perché tutto si autoregola: la sosta, i flussi di traffico, i tavolini, la pulizia. La decennale assenza dalla scena della Polizia Municipale e la sempre perfetta cura dei cassonetti lo dimostrano. continua qui

Pompeo Spagnoli, reduce garibaldino, barbiere in Pontremoli, narratore. Ghost writer, si definisce. Sotto il cielo di Pontremoli è un blog dal sapore bucolico, che racconta storie di oggi con il gusto di ieri.

domenica 1 novembre 2009

il giorno dei morti


Il giorno dei morti ci si mette il cappotto, perché l'aria si è fatta fredda ed è arrivata la nebbia. Il giorno dei morti si guardano sulle tombe quelle foto ovali con piccoli volti in bianco e nero di un tempo che non c'è più, che sorridono lontani perché a loro niente importa più. E quando esci dal cimitero non vedi i campi perché la bruma copre anche il sole.
Mia nonna che leggeva il quotidiano solo se lo teneva disteso sul tavolo del pranzo; e leggeva praticamente solo la pagina dei morti come se fosse stata facebook per vedere se ci fosse qualcuno che conosceva. E io che me ne ridevo, perché avevo sei anni.
Reif che con i suoi occhi innocenti correva a rincorrere qualsiasi cosa gli tirassi, completamente felice solo perché io ero li.
E il mio cappottino, che sentivo pesante perché era il primo giorno che lo mettevo.

Per il giorno dei morti volevo pubblicare un blog sull'argomento, ma non sono riuscito a trovare niente. Così ho dovuto scriverlo io.

domenica 25 ottobre 2009

Mi ricordo > Rai Stereonotte


Mi ricordo Rai Stereonotte. Incominciava sulla modulazione di frequenza di Radio 3 alle 24,30, dopo il Giornale della Mezzanotte, terminava alle 6,00 del mattino. La trasmissione, ideata da Pierluigi Tabasso, aveva una sigla scritta da Roberto Colombo che si chiamava Viaggiando. Andò in onda dall’ 8 novembre 1982 al luglio 1995. Io incominciai a seguirla abitualmente intorno al 1983/84, specialmente nel fine settimana. Mi ricordo i led rossi del radioregistratore sulla scrivania, e le cuffie che mi aprivano quel mondo musicale. I conduttori che si alternavano si portavano i dischi da casa, erano lì esclusivamente a trasmettere la musica che reputavano interessante, ognuno aveva la sua “linea”, seguiva i propri generi, faceva le proprie scoperte. Ogni genere musicale aveva una sua voce corrispondente, voci spesso straordinariamente radiofoniche. C’era Massimo Cotto, “specializzato” in Bruce Springsteen e rock americano insieme a Mauro Zambellini, Teresa De Santis con il post punk e la new wave inglese di This Mortal Coil, Big Country, Smiths, Cocteau Twins, Eco & the Bunnymen, il garage underground australiano di Francesco Adinolfi, il folk e la sperimentazione di Emanuele Li Castro, il pop anglosassone di Giancarlo Susanna. E mi ricordo, c’erano anche Ernesto Assante, Ernesto De Pascale, Felice Liperi, Peppe Videtti, Giampiero Vigorito. La voce che mi ricordo di più è quella di Teresa De Santis: morbida, profonda, un po’ sensualnotturna. Io non sognavo Teresa De Santis, ma la su a voce. Avrei voluto vedere Teresa De Santis in studio prima di mandare un pezzo. Poi, però, mi dicevo che se l’avessi vista dal vivo la sua voce avrebbe perso il suo invincibile fascino. Mi ricordo quando Teresa De Santis annunciò Where the rose is sawn dei Big Country, appena usciti con Steel Town: al primo rullare della batteria, quasi da marcetta, e al primo accordo di chitarra fui definitivamente innamorato di Teresa De Santis. Della sua voce.

da Mi ricordo. Ci sono tonnellate di ricordi in questo blog, varrebbe proprio la pena di raccoglierli in un libro...

venerdì 23 ottobre 2009

Up!


Oggi una antologia un po' diversa: due recensioni di un film, un cartone animato un po' speciale.

Non ho tempo e perdo tempo : Croce sul cuore!

Diciamo la verità, è una partita persa. Contro la Pixar non si può giocare, non sono di un'altra categoria, nemmeno di un'altro sport, ma proprio di un'altro pianeta.
Vado al cinema con la speranza di vedere un film normale, che riporti Lasseter & Company ad un livello umano.
Niente UP! è un'altro CAPOLAVORO.
E dopo Wall-E era, no impossibile, di più.
Per capire a che livello ci trovia basta solo una delle scene iniziali, quella in cui con tre inquadrature e una musica di sottofondo si racconta la vita di una coppia, quotidianità e sogni, gioie e dolori. Da scuola del cinema.
E chi non piange, o non sorride, non ha un cuore.

Our Bed Of California Star : È tipo bellissimo

UP, è tipo bellissimo.
Circa un anno fa la Pixar ci aveva lasciato con gli occhi lucidi raccontandoci in una distopica realtà l'amore tra due piccoli robot, un amore quasi umano e con tutte le ovvie differenze del caso. L'ambientazione e la situazione lo rendevano comunque molto fantastico e fiabesco, più adatto a commuovere bambini e incalliti sognatori che altri "generi" di spettatori. Per la cronaca io sto incallito un casino; in ogni modo ciò che colpisce di UP è l'estrema umanità con cui l'amore viene trattato. Quello che ci troviamo davanti è un amore vero, reale, e proprio la realtà della storia, nelle sua bellezza, gioia e tristezza, scoglierebbe anche il peggio cinico cresciuto in un'accademia militare russa. Si potrebbe esagerare digendo che UP è il film della Pixar più aperto ai sentimenti umani, più emotivo, più vero. Si, esageriamo, è proprio così. E proprio per questo motivo è anche il film meno diretto per i bambini. Non che i bambini siano deficienti, per carità d'iddio io adoro i bambini, ma penso che l'emozione provata sia direttamente proporzionale all'età dello spettatore, in un arco che comunque va dal "Ahah sembra il nonno" allo rispecchiarsi nel personaggio, quindi sempre grande è. Essendo un film sulla vita, in particolare una e quasi tutta intera, penso sia normale emozionarsi di più quando se ne ha di più alle spalle, o magari solo in modo diverso.
Già ce lo vedo un nonno accompagnare il nipotino a vedere UP, uno che ride e l'altro che piange, felici. Dannatamente felici.

domenica 18 ottobre 2009

Blue Bottazzi BEAT > Big Sur


"Saturday night at the diner. No, non sono a Los Angeles, e a pensarci non è neppure sabato. Sono nel basso lodigiano a mangiare messicano con un caro amico fotografo di scena, reduce dagli onori di un film di successo. Si è fatto tardi e i bicchieri di birra si sono accumulati. Lui va a dormire, io preferisco farmi quattro passi per il paese, un po' per relax postprandiale, un po' perché sono nel mood giusto e non ho ancora voglia di andare a letto. Un piccolo non brutto paese della bassa, c'è in giro la classica fauna di provincia: ragazzotti in crisi puberale a perder tempo schiamazzando, vecchi che discutono seduti al bar della cooperativa, qualche ragazzina con le gambe lunghe (o corte, a seconda dei casi) in giro con giovani compagni brufolosi.
Un castello, le strade acciottolate... insomma normale amministrazione se non fosse che mi accorgo di percepire nell'aria, tanto chiara quanto improbabile, la vibrazione della batteria e del basso dei Creedence Clearwater Revival, mentre sento una voce lontana urlare "run through the jungle... run through the jungle...". Cerco di localizzare il suono ma incappo in vicoli ciechi, giardini chiusi, strade che mi conducono verso la campagna. Ma la vibrazione non cessa: i Jefferson Airplane? Jackson Browne? Pare che l'intera West Coast si sia data appuntamento sul cielo sopra Maleo - anche se sembro l'unico nella fauna di annoiati tiratardi a percepirla". continua qui

Dal Blue Bottazzi BEAT, a cura del sottoscritto. "Ci sono due tipi di musica: la musica leggera e la musica dell'anima. BEAT racconta della musica dell'anima fatta con la mente".

domenica 11 ottobre 2009

Personalità Confusa > una giornata alla Malpensa


"Si comunica ai signori passeggeri che a causa di un guasto ai sistemi informativi gli sportelli check-in numero 1, 3, 5, 7, 7bis e tutti i multipli di 2 rimarranno chiusi sino ad un orario da definire.
Restano aperti gli sportelli 11 e 13, forse. Ci scusiamo per il disagio e certi della vostra collaborazione vi auguriamo buon viaggio."


"Si comunica ai signori passeggeri che, per motivi tecnici, il nastro trasportatore dei bagagli è impazzito, e quindi le valigie dei passeggeri diretti a Stoccolma sono state spedite a Crotone, mentre i passeggeri diretti a Crotone sono stati spediti a Stoccolma, e - come già avrete capito - i passeggeri diretti alle Bahamas purtroppo dovranno trascorrere le loro vacanze a Varsavia, la quale peraltro di questa stagione è bellissima, anzi possiamo consigliare un ristorantino gestito da certi italiani che fanno una pizza niente male - però le loro valigie proseguiranno per Brindisi o qualche altra città del pianeta. Ci scusiamo per il disagio, e certi della vostra collaborazione vi auguriamo buon viaggio."continua qui

Personalità Confusa: l'umorismo ai tempi di internet.

lunedì 5 ottobre 2009

mac-quante ne so > stra-ordinary life


la prima a sospettare qualcosa è stata la maestra di mia figlia.
mi ha liquidato con un tenero: "adesso facciamo andare il papà, che avrà sicuramente da lavorare", ma voleva dire: "a me non mi freghi, bello".
effettivamente il mio comportamento ha dato un po' nell'occhio, ultimamente.
qui tutti mollano i bambini al volo, li catapultano letteralmente giù dai loro suv in doppia fila e li salutano da dietro i vetri oscurati, mentre probabilmente parlano già con l'ufficio o pianificano riunioni con i clienti.
io, invece, ho preso l'abitudine di camminare un po' con lei, mano nella mano, fino davanti a scuola. e di accompagnarla su, al primo piano, dove c'è la sua classe.
so già che tra qualche anno vorrà essere lasciata il più lontano possibile e arrivare a scuola senza il papà. diciamo che, per adesso, ho deciso di approfittare della sua disponibilità. al punto che temo risulti evidente come io la mattina non abbia alcuna fretta di andare via da questa scuola.
vivo una specie di caos calmo, mentre gli altri genitori sembrano ancora tarantolati dalla febbre del rientro e, dopo una lunga estate, tornano alla loro regular season 9 to 5.
anche per me una volta era così.
la mia vita era scandita dagli orari del mio ufficio, un edificio immenso, capace di inghiottire fiumi di badge che timbrano e stimbrano, un luogo da raggiungere come un pellegrinaggio quotidiano in cui il più difficile dei lavori non è lavorare ma recarsi al lavoro.
un traguardo da tagliare ogni mattina, l'ingresso in azienda, un non-luogo in cui restare a scaricare barili fino al sacro momento dell'orario di uscita, vero e proprio big-bang "del resto delle nostre vite": si torna dalle famiglie, si va in palestra, si fa la spesa, si bruciano stipendi nei modi più strani.

solo che adesso il mio ufficio non c'è più. continua qui

giovedì 1 ottobre 2009

Blue Motel > Azzurro


"Una domenica di mezza estate, da solo: l'estate quella vera, con l'afa, il sole a picco e le cicale...
Mi metto in moto all'orario sbagliato e senza un costrutto, tanto che invece di cercare il fresco delle colline, a pranzo mi ritrovo nella piatta Pianura Padana, lungo il Po, ad un ristorante con un pergolato lungo il grande fiume. Il cielo è bianco per l'umidità, le cicale friniscono assordanti, la coscienza si assopisce mentre i camerieri si danno un gran da fare per servire le famiglie in gita. Di fronte ad un profumato piatto di gnocchi al pomodoro, anche non volendo non posso fare a meno di origliare i discorsi e le vite degli altri.
Da qualche parte dietro di me un bambino deve aver mangiato la videocassetta di un cartone animato che racconta di una banda di animali dello zoo in fuga su un'isola africana, e la recita in modo fedele battuta per battuta. Ad un altro tavolo due coppie che hanno fatto conoscenza al mare, immagino in qualche villaggio turistico, si sono già dati appuntamento qui oggi. Due fidanzati si sorridono. Indossano le stesse ciabatte di gomma, azzurre e bianche. Se sono sposati, sembrerebbe un matrimonio riuscito.
Una nuora rassegnata accompagna al bagno la suocera con la cataratta, che teme un gradino nascosto.
Bevo il caffè, rinuncio a chiudere la giacca e inforco la moto. Davanti ai miei occhi l'immagine di un viale deserto tremola per il caldo. È un momento così suggestivo che invece di fuggire la canicola, mi butto per le piccole strade comunali della bassa, attraversando paesini dimenticati con lunghe strade di casette rosa, azzurre, bianche. Ogni tanto incontro una bella villa di inizio novecento lasciata andare in rovina; fioriscono invece orribili casette bifamiliari da geometra. Beata ignoranza.
Dovrei essere malinconico, ed invece mi sembra di essere felice. È grave?"

Blue Bottazzi, Blue Motel giovedì 16 luglio

Questa volta ho giocato in casa, è un post a mia firma dal mio blog personale.

lunedì 28 settembre 2009

Ortona Rock > gli Who e il fustino del Dash


"Il ricordo degli Who è associato all’odore del Dash. Ho quattordici anni e siamo immersi tutti negli anni ‘80 fino al collo. Il mondo, la mia città, mi appaiono più grandi, più vaste, inesplorate. Sono un ragazzo al primo amore con la musica rock. Ci sono dei pomeriggi nei quali, giro nei negozi di dischi alla ricerca di…qualsiasi cosa abbia attinenza con il mondo che ho appena conosciuto. Arriva il solito cugino dell’amico di ascolti. Quei cugini che abitano a Roma e che girano per i negozi “importanti”. Mi regala una cassetta Sony Hf-Es da 90 minuti. Sul nastro la registrazione del disco degli Who: “Tommy”. Nei minuti che avanzano, qualche brano dei Talking Heads e “Rosalita…” di Springsteen. Al momento non dispongo di tanti vinili e cassette ed ogni cosa che riesco ad avere, la studio con attenzione. Ma quel disco no. Quel disco mi ipnotizza. Riesco ad ascoltarlo per intero, anche tre volte al giorno, come una medicina necessaria. Non posso ascoltare solo qualche brano, sarebbe inconcepibile, per me le due side della cassetta sono una cosa indissolubile ed unica. Ho appena finito la scuola ed ho il tempo che mi serve. Nel mio appartamento c’è un ripostiglio di un metro per un metro, dove ci vanno a malapena le scope ed una scarpiere. Mamma lo usa anche per me i prodotti per la pulizia della casa. Ci sono dei fustini di detersivo per lavatrice". continua qui

Ortona Rock: il sito di racconti rock del Grande Favollo: "Granchio decapode, detritivoro, dalle abitudini notturne, diffuso tra gli scogli ortonesi, ottimo al sugo con la chitarrina"

venerdì 25 settembre 2009

Torno ai vinili > All Together Now


"Sarà che piove da tre giorni e che un sottomarino sarebbe più utile di un'automobile. Sarà che anche David Gray e Mark Knopfler fanno acqua da tutte le parti. Sarà che le code, le scuole e gli asili sono ricominciati e che solo i Beatles sembrano poter mettere d'accordo tutti.
Insomma, Yellow Submarine, versione songtrack, quella rimasterizzata nel 1999, mica quella del 9.9.9 con gli strumentali di Martin, non si riesce a togliere, mette di buon umore. Anche perchè dalla domanda "sono i Beatles?" con risposta "già", siamo passati all'ordine "metti i Beatles!" con risposta "eccoli!". Sono soddisfazioni che soli i figli ti possono dare". continua qui

In Torno ai Vinili Maurizio Pratelli ci racconta di come ha contrabbandato i Beatles in famiglia.

martedì 22 settembre 2009

No Surrender > Cartoons


"Prima del 3D, prima della Pixar, prima di conoscere le meraviglie orientali del maestro Miyazaki, prima di tutto c'era Walt Disney e i sui grandi classici, capolavori senza tempo che hanno tenuto compagnia a milioni di bambini in tutto il mondo. Questa è la classifica dei 10 cartoni con cui sono cresciuto e a cui sono più legato:" continua qui

A dispetto del titolo springsteeniano, No Surrender di Luca Berna parla soprattutto di cinema. Mi fa piacere leggerlo perché se personalmente sono convinto che il cinema sia da alcuni lustri in coma profondo, mi rassicura scoprire che c'è chi invece buoni film li trova e mi fa pensare che forse sono io ad essere diventato un brontolone...

domenica 20 settembre 2009

E io che mi pensavo


"C’è il papà della mia ragazza che secondo me è una specie di indovino. Quando siam tornati dalle ferie, l’ho portata a casa, e ci siam accorti che sul balcone, in casa sua dove eran dieci giorni che non c’era nessuno, in quel posto dove sta casa sua che non per vantarmi è forse il posto più caldo e afoso che io abbia mai visto, quando siam arrivati lì in casa sua ci siam accorti che sul balcone le piantine di basilico di suo papà avevano un po’ patito l’assenza, eran dieci giorni che nessuno le bagnava, qualche piantina era morta, e le altre non stavan mica tanto bene. Ho fatto un po’ quel che ho potuto..." continua qui

Un diario un po' letterario, leggero come il vento, che fa sorridere dentro e mette un po' di buon umore. Curato da Alessandro Bonino che, per usare le sue parole "una volta ha fatto pipì in una borraccia, che una volta a carnevale si è dipinto un casco sulla testa, che da piccolo giocava a calcio in mezzo al campo leggendo Topolino tutto il tempo e partecipando al gioco solo se la palla si avvicinava. E in ogni caso, pensa che scrivere di se stessi in terza persona sia una cosa un po′ da matti".

sabato 19 settembre 2009

Miss Kappa > Berlusconi ad Onna


"L'arrivo del presidente era previsto ad Onna per le 15,30. Alle 14 ero già lì. Decisa ad entrare fra e con i cittadini. Cittadini pochissimi, spiegamento enorme di forze dell'ordine e protezione civile e croce rossa e dame di carità e misericordia e tantissimi giornalisti. Entro senza problema. Mi accolgono le macerie di Onna che vedo, dal vivo, per la prima volta. Una curva, si apre davanti a me lo scenario delle casette mobili. Villaggetto colorato, fiori alle finestre. Il prato solo davanti ad una casa, quella che servirà per il set. Le altre hanno terra battuta coperta di paglia". continua qui

Una testimonianza di quello che quotidianamente le persone vedono ma che giornali e televisioni non raccontano. Mi fa male pensare di essere considerato un oggetto di propaganda anziché cittadino di uno Stato democratico.

venerdì 18 settembre 2009

Zambo's Place > Little Feat a Londra 1977


"Londra, 3 Agosto 1977. Afa rifiuti e lattine di birra popolano le vie della colorata Earl's Court, quartiere dove staziono da alcuni giorni prima di fuggire nella verde isola irlandese; nelle vetrine dei negozi, nelle entrate dei pub drappi e fotografie ricordano che, nonostante tutto, la vecchia regina è più mercificata dei Sex Pistols (è l'anno del giubileo...) Fa caldo, Londra in estate è insopportabile, fuori luogo anche gli angoli scuri in cerca di delitto, qualche apparizione dei Kids in Chelsea, i fogli murali annunciano un concerto dei Fairport Convention ad Holland Park per il sabato seguente, e alcune performance live di punks minori. Compro Time Out e nella pagina quattro leggo LITTLE FEAT al RAINBOW THEATRE per 4 sere. Bevo una pinta di Guinness e benedico le mie fortune.
Sono le 19.00, il concerto è annunciato per le 20.30, cerco la più vicina stazione underground, cambio due linee, mi danno delle informazioni sbagliate, faccio 1 Km. a piedi cercando di quietare le ire dei 3 miei compagni di avventura (che di Little Feat non hanno mai sentito parlare). Alle 20.00 sono davanti al Rainbow, fuori poca gente, come prevedevo i biglietti sono stati tutti venduti in prevendita, falconano i bagarini a 10 sterline a biglietto (prezzo regolare 2,50 sterline). Mi sembrano eccessive e molto più per i miei compagni di avventura che di Little Feat non hanno mai sentito parlare.
Il giorno seguente devo lasciare Londra, l'occasione dei Feat in concerto è unica e non rimandabile, non mi dò per vinto e tento il colpo gobbo. Individuo facilmente tra i check-man quello più vulnerabile, è un esponente del black people, gli propongo 10 sterline per tutti e quattro, lui mi fa cenno di aspettare e al momento opportuno con una losca ed abile manovra ci fa passare. Per il superamento della seconda entrata il gioco è ancor più facile e completamente gratuito. Dopo la tensione e la paura la giusta ricompensa. Dei Little Feat conosco bene il bootleg Aurora Backseat, il primo loro album e l'ultimo Time Loves a Hero, il teatro è zeppo, il pubblico non è quello della new-wave inglese, niente giacche di pelle, niente spille, tante facce regolari, abbondanza di baffi, barbe, long-hair e altri cimeli della Londra che fu, tanti black-people e la musica poi dimostrerà il perché… insomma un ambiente sano". continua qui

Zambo's Place, il blog di Mauro Zambellini, giornalista rock, con il Mucchio Selvaggio negli anni settanta ed ottanta, poi con Feedback ed oggi con il Buscadero. Autore di numerosi libri fra cui Il tempo è dalla nostra parte per Feltrinelli sui Rolling Stones.

Questo gustoso articolo risale al 1978 e racconta del concerto di Londra dei Little Feat di Lowell George che sarebbe poi stato immortalato dal live Waiting For Columbus.

giovedì 17 settembre 2009

Red River Shore > Guida all'ascolto

" # 5. La musica si ascolta in macchina solo se ci si trova su strade semideserte, non c'è traffico, non ci sono semafori, rotonde e precedenza assortite che interrompano l'ascolto".

Il sito che inaugura l'antologia è quello di Paolo Vites, giornalista musicale professionista, con il cuore fra Golfo del Tigullio, Milano, New York City e San Francisco. Tante storie rock viste dalla periferia dell'impero. In questo post il decalogo della Guida all'Ascolto ai dischi nell'era di internet.