mercoledì 4 gennaio 2012

Roots Highway > Smile


Nel 1965, dopo aver ascoltato, in preda a un rapimento quasi mistico, i Beatles di Rubber Soul, Brian Wilson, ingegnere e principale artefice delle canzoni dei Beach Boys, spense in fretta lo stereo, abbandonò il salotto e corse in cucina, dalla moglie Marylin (al suo fianco dal '64 al '79), gridando: "Marylin, farò il più grande dei dischi! Il più grande disco rock mai realizzato!". Ancora oggi, molti giornalisti sono convinti vi sia riuscito: nelle liste dei migliori album della storia Pet Sounds (1966) compare regolarmente sul podio e in effetti, a giudicare dallo strabiliante universo sonoro delle sue canzoni, ciascuna elaborata intrecciando un numero incalcolabile di dettagli, soluzioni innovative e tecniche di registrazione sperimentali, non c'è motivo di ritenere che Wilson abbia tradito gli esaltati propositi di quel dicembre di quarantasette anni fa. Eppure, nonostante l'unanime apprezzamento espresso da pubblico e critica, Wilson sentiva di potersi spingere oltre. Ispirato dalle droghe e dall'incontro con un giovane paroliere e compositore di nome Van Dyke Parks, Wilson, da estimatore dei lavori di Beatles, Bob Dylan e Byrds, decise di contraddire la vulgata che vedeva nei Beach Boys un gruppo disimpegnato e infantile, incapace di riflettere sugli enormi cambiamenti in atto nel proprio tempo, e di puntare verso un'architettura sonora ancor più impervia e stratificata. Il suo progetto, tuttavia, non andò mai in porto. Le sessions d'incisione del disco, che doveva intitolarsi "Dumb angel" e in fase di lavorazione divenne SMiLE, rappresentarono uno dei periodi più difficili nella vita dei Beach Boys, il momento in cui tutte le complesse relazioni affettive e familiari alla base dell'affiatamento del gruppo rischiarono di saltare. A precipitare fu senz'altro l'equilibrio psichico di Wilson: dopo uno stadio iniziale di idillio creativo in compagnia di Parks, con i due intenti a elaborare testi e melodie al pianoforte, i piedi immersi in cassette di sabbia per ricreare la sensazione di trovarsi su una spiaggia, i contrasti con gli altri Beach Boys, le pressioni della casa discografica, le bizzarrie assortite (arrivò addirittura, spaventato dalla lontanissima eventualità di un incendio nel quartiere, a far indossare agli orchestrali elmetti da pompiere), gli interminabili rimaneggiamenti dei brani (suonati e risuonati per centinaia di ore, spesso modificandone sfumature impercettibili) e i costi ormai fuori controllo convinsero Wilson, nel maggio del 1967, ad abbandonare il progetto.

(Gianfranco Callieri - continua su Roots Highway)

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